Nonostante lo scenario sfidante, gli esperti di Prometeia hanno migliorato anche le previsioni per il 2023 a +0.4%, anziché il +0.1% stimato tre mesi fa
I rischi sono tanti, il percorso è ancora stretto, ma l’economia italiana potrebbe uscire dalla crisi energetica tenendo il ritmo delle altre maggiori economie dell’area euro, dopo aver mostrato una resilienza perfino superiore nel post pandemia, come mai era avvenuto negli ultimi 25 anni.
E’ quanto si rileva dal rapporto previsionale di dicembre di Prometeia, che ha rivisto al rialzo le stime di crescita per il 2022 a +3,9% dal +3,4% di settembre.
Nonostante lo scenario sfidante, gli esperti di Prometeia hanno migliorato anche le previsioni per il 2023 a +0.4%, anziché il + 0.1% stimato tre mesi fa.
Si tratta di performance oltre le attese che, si legge nel report, “sono possibili soprattutto grazie alle misure di politica di bilancio che in questi anni hanno contrastato la recessione, sostenendo famiglie ed imprese“. Evitata la recessione tecnica durante questo inverno un sostanziale anno di stop alla crescita del Pil sarà comunque nello scenario di Prometeia il prezzo macroeconomico pagato alla crisi del gas legata al conflitto in Ucraina.
Tra le principali condizioni su cui si basa lo scenario di Prometeia:
Calo dell’inflazione nel 2023.
Prometeia stima che nel corso del 2023 l’inflazione scenda in modo rapido, attestandosi al 5.8% (contro l’8.4% del 2022). Pur nell’ipotesi di un rientro dei prezzi del gas a partire dalla prossima primavera, i costi energetici rimarranno comunque strutturalmente più alti rispetto al passato e famiglie e imprese dovranno adattare le proprie abitudini di consumo a questo cambiamento. Il prezzo dell’energia in un contesto di transizione climatica sarà uno dei temi dominanti degli scenari per molti anni a venire. Come noto, l’inflazione non sta colpendo tutti gli operatori con la stessa intensità. Mentre chi può traslare a valle gli aumenti dei costi che subisce lo sta facendo, sono soprattutto le famiglie a sopportarne il peso. Le più colpite sembrerebbero essere quelle che svolgono un lavoro dipendente, visto che i salari non stanno rincorrendo gli aumenti dei prezzi, e di certo i nuclei a più basso reddito e risparmio. Le famiglie a reddito più elevato, quelle che presumibilmente hanno accumulato risparmio “in eccesso” durante la pandemia, sono invece più in grado di reggere l’urto di questa fiammata. Ci sarà quindi una decurtazione del valore reale del risparmio e della ricchezza accumulati e una riduzione della propensione al risparmio che sta tornando velocemente ai livelli pre-crisi.
- La politica monetaria non deve accelerare la restrizione.
- Condizione imprescindibile è anche che la politica monetaria non calchi troppo la mano per ottenere un rapido rientro dall’inflazione, generando quindi una vera recessione. Le recenti dichiarazioni della Presidente Bce Christine Lagarde non sono molto rassicuranti in tal senso. In questa circostanza il nostro Paese rischierebbe di pagare un costo molto elevato, perchè l’onere per il servizio del debito pubblico salirebbe su livelli che potrebbero mettere ulteriormente a repentaglio la crescita, richiedendo interventi correttivi.
- La politica di bilancio deve mantenersi su un sentiero virtuoso.
- L’indebitamento dovrà tornare verso un percorso di graduale riduzione. Il costo del debito è già salito per effetto dei tassi in rapida crescita, e in futuro dovrà confrontarsi sempre più apertamente con i mercati, vista la fine dei programmi di acquisto di titoli di debito da parte della Banca centrale europea e il progressivo disinvestimento dei titoli in portafoglio, che renderanno necessario collocare presso investitori privati, nazionali ed esteri, tutto il nuovo debito che si genererà.
Fonte: Intermedia Channel